Di tutte le cose che le donnepossono fare nel mondo,parlare è ancora consideratala piú sovversiva.
Se si è donna, in Italia si muore anche dilinguaggio. È una morte civile, ma nonper questo fa meno male. È con le paroleche ci fanno sparire dai luoghi pubblici,dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie,ma di parole ingiuste si muore anchenella vita quotidiana, dove il pregiudizioche passa per il linguaggio uccidela nostra possibilità di essere pienamentenoi stesse. Per ogni dislivello di dirittiche le donne subiscono a causa del maschilismoesiste un impianto verbale chelo sostiene e lo giustifica. Accade ognivolta che rifiutano di chiamarvi avvocata,sindaca o architetta perché altrimenti"dovremmo dire anche farmacisto".Succede quando fate un bel lavoro, ma vichiedono prima se siete mamma. Quandosiete le uniche di cui non si pronunciamai il cognome, se non con un articolodeterminativo davanti. Quando simettono a spiegarvi qualcosa che sapetegià perfettamente, quando vi dicono dicalmarvi, di farvi una risata, di scoparedi piú, di smetterla di spaventare gli uominicon le vostre opinioni, di sorriderepiuttosto, e soprattutto di star zitta.Questo libro è uno strumento che evidenziail legame mortificante che esistetra le ingiustizie che viviamo e le paroleche sentiamo. Ha un'ambizione: chetra dieci anni una ragazza o un ragazzo,trovandolo su una bancarella, possa pensaresorridendo che per fortuna questefrasi non le dice piú nessuno.